Stop all’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne e disoccupato, sì agli strumenti di sostegno al reddito: ordinanza della Cassazione Civile del 07/11/2022
«Il figlio di genitori divorziati che abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito un’occupazione lavorativa stabile o tale, comunque, da remunerarlo affinché sia economicamente autosufficiente, non può pretendere di soddisfare la propria esigenza ad una vita dignitosa mediante la mera attuazione dell’obbligo di mantenimento da parte del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre. Egli dovrà, in altre parole, far fronte alla propria condizione attraverso diversi strumenti di ausilio, predisposti dallo Stato, finalizzati ad assicurare sostegno al reddito».
Cassazione civile, Sez. I, Ordinanza, 07/10/2022, n. 29264
Nei procedimenti di separazione o divorzio come anche in quelli relativi ai figli nati fuori dal matrimonio, l’art. 337 septies, comma I, c.c. stabilisce che, “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto”.
La sopracitata disposizione, tuttavia, non chiarisce se e fino a quando i genitori sono obbligati al mantenimento dei figli che abbiano raggiunto la maggiore età.
In realtà, la legge non fissa una soglia di età superata la quale decade il dovere di mantenimento, ma individua nell’“autosufficienza economica” il criterio per determinare se il figlio, nonostante abbia raggiunto od oltrepassato la maggiore età, abbia diritto o meno a ricevere l’assegno di mantenimento.
Il genitore gravato dall’obbligo di mantenimento in favore del figlio maggiorenne potrà, quindi, chiederne la revoca provando al giudice o che il figlio abbia raggiunto l’autosufficienza economica o, nel caso contrario, che la causa del mancato raggiungimento di essa sia imputabile a lui stesso.
La giurisprudenza ha più volte affrontato la questione ritenendo prevalentemente, specie negli ultimi anni, che: “Secondo il principio di autoresponsabilità, il figlio maggiorenne non deve abusare del diritto di essere mantenuto dal genitore oltre ragionevoli limiti di tempo o di misura, perché l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione e, nella valutazione degli indici di rilevanza, la sussistenza dei requisiti per il mantenimento va ponderata con rigore crescente con il crescere dell’età del figlio. Dunque, ai fini dell’accoglimento della domanda, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. Non è quindi il genitore ad essere onerato della prova della raggiunta effettiva e stabile indipendenza economica del figlio, o della circostanza che questi abbia conseguito un lavoro adeguato alle aspirazioni soggettive» (Cass. civ. ord. n. 8.11.2021, n. 32406) .
Ebbene, la Suprema Corte di Cassazione è tornata di recente ad affrontare il tema proprio con l’ordinanza n. 29264/2022, non solo, ribadendo che il giudice è tenuto ad accertare se il figlio maggiorenne per il quale si chiede la revoca dell’assegno di mantenimento si sia impegnato effettivamente per rendersi economicamente autonomo ma specificando che egli, dovrà, d’ora in poi, verificare, altresì, se il medesimo si sia attivato per chiedere le prestazioni sociali o comunque di sostegno al reddito messe in campo dallo Stato.
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