Maternità surrogata e il “no” alla trascrizione in Italia dell’atto di nascita estero con menzione del genitore d’intenzione: la sentenza delle Sezioni Unite del 30/12/2022

maternità surrogata

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«poiché la pratica della maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero, e a fortiori l’originario atto di nascita, che indichi quale genitore del bambino il genitore d’intenzione, che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della lex loci. Nondimeno, anche il bambino nato da maternità surrogata ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale. L’ineludibile esigenza di assicurare al bambino nato da maternità surrogata gli stessi diritti degli altri bambini nati in condizioni diverse è garantita attraverso l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d), L. 4 maggio 1983, n. 184. Allo stato dell’evoluzione dell’ordinamento, l’adozione rappresenta lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello status di figlio, al legame di fatto con il partner del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita».

Cass. Civ. Sez. Unite, Sent. 30.12.2022 n. 38162

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Il principio di diritto sopracitato si inserisce all’interno di una sentenza di notevole importanza, dal momento che, tocca un argomento, oltreché ampiamente dibattuto, particolarmente delicato e complesso: la maternità surrogata.

Il termine “maternità surrogata” fa riferimento a una forma di procreazione assistita, in cui una donna, per mezzo di un apposito contratto di surrogazione gestazionale, si impegna ad intraprendere e portare a termine una gravidanza per conto di persone che non sono in grado di concepire o avere figli a causa di svariati motivi.

In virtù dei principi ispiratori dell’ordinamento giuridico italiano, il ricorso alla surrogazione di maternità è espressamente vietato nel nostro Paese dall’art. 12, co. 6, L. 40/2004, il quale recita che: ‹‹chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro (…)››.

Succede, tuttavia, nella pratica, che la vigenza del sopraccitato divieto induca molte coppie a ricorrere alla pratica della fecondazione tramite gestazione di altri, recandosi negli stati esteri ove la stessa è legalmente consentita.

Si è posto allora il problema di cosa accade se la coppia, una volta rientrata sul territorio nazionale, esiga la trascrizione dell’atto di nascita estero del bambino, nato da maternità surrogata, con indicazione quali genitori sia di quello biologico che di quello d’intenzione. Infatti, se, da un lato, non è possibile contestare il rapporto di filiazione tra il bambino e il genitore biologico, dall’altro, nel nostro ordinamento, non è possibile riconoscere, automaticamente, il rapporto di filiazione tra il minore e il genitore d’intenzione perché ciò costituirebbe una violazione del divieto di ricorrere alla maternità surrogata.

Ebbene, la Corte, nella sua composizione allargata, ha affrontato e risolto la questione nei termini che seguono: in Italia non è consentito, perché contrario all’ordine pubblico internazionale, il riconoscimento automatico del provvedimento giurisdizionale straniero indicante lo status di genitore anche del genitore di intenzione che ha partecipato alla surrogazione di maternità senza fornire i propri gameti. Tuttavia, il nostro ordinamento offre la possibilità al genitore di intenzione di ricorrere all’istituito dell’adozione in casi particolari di cui all’art 44 lett. a) e d) L. 183/1984, con lo scopo ditutelare l’interesse del minore garantendogli la continuità del rapporto con il genitore di intenzione (adottante).

A chiarimento delle conclusioni a cui sono giunte le Sezioni Unite (d’ora in avanti S.U.), è interessante illustrare brevemente la vicenda da cui è scaturita la sentenza in esame.

Il caso rimesso all’esame delle S.U. riguardava un bambino nato in Canada per mezzo della surrogazione di maternità alla quale aveva fatto ricorso una coppia di cittadini italiani, coniugati in Canada, con matrimonio trascritto in Italia nel registro delle unioni civili. Realizzato il progetto procreativo tanto desiderato, la coppia constatava che nell’atto di nascita canadese del figlio non figuravano né il padre intenzionale, né la madre surrogata, né la donatrice dell’ovocita, ma esclusivamente il padre biologico. Per questa ragione, la coppia ricorreva alla Corte Suprema della British Columbia, la quale dichiarava che entrambi gli uomini dovevano essere riconosciuti genitori del bambino, disponendo, perciò, la rettifica dell’atto di nascita. In virtù del provvedimento emesso dalla Corte Suprema della British Columbia, la coppia richiedeva che la rettifica del certificato di nascita del figlio venisse eseguita anche in Italia. Tuttavia, l’ufficio anagrafe italiano rifiutava di procedere a quanto richiesto dalla coppia, «sia perché esisteva già un atto di nascita trascritto, sia per l’assenza di dati normativi certi e di precedenti favorevoli da parte della giurisprudenza di legittimità». In conseguenza di ciò, la coppia ricorreva alla Corte d’appello, la quale accoglieva il ricorso riconoscendo l’efficacia in Italia del provvedimento canadese. Avverso tale decisione, l’Avvocatura di Stato ricorreva in Cassazione, nell’interesse del Ministero dell’interno e del sindaco del Comune ove era stato trascritto l’atto di nascita del minore.

L’iter giudiziario si è concluso con la sentenza in commento, mediante la quale le Sezioni Unite hanno chiarito, una volta per tutte, che ‹‹l’esigenza di salvaguardare i valori ispiratori dell’ordinamento italiano si traduce in una finalità general-preventiva: scoraggiare i cittadini dal ricorso all’estero ad un metodo di procreazione che l’Italia vieta nel suo territorio, perché ritenuto lesivo di valori primari››. Dunque, chi ricorre alla pratica della maternità surrogata all’estero e non ha legami genetici con il bambino non è automaticamente genitore anche in Italia, se così fosse, ‹‹si finirebbe per legittimare in maniera indiretta e surrettizia una pratica degradante››.

Con il divieto penalmente sanzionato di cui all’art.12, co. 6, L. 40/2004 – ad avviso delle S.U. – il legislatore italiano, infatti, ‹‹ha inteso tutelare la dignità della persona umana nella sua dimensione oggettiva, nella considerazione che nulla cambia per la madre e per il bambino se la surrogazione avviene a titolo oneroso o gratuito. Indipendentemente dal titolo, oneroso o gratuito, e dalla situazione economica in cui versa la madre gestante (eventuale stato di bisogno), la riduzione del corpo della donna ad incubatrice meccanica, a contenitore di una vita destinata ad altri, ne offende la dignità, anche in assenza di una condizione di bisogno della stessa e a prescindere dal concreto accertamento dell’autonoma e incondizionata formazione del suo processo decisionale. Nella maternità surrogata il bene tutelato è la dignità di ogni essere umano, con evidente preclusione di qualsiasi possibilità di rinuncia da parte della persona coinvolta››.

Per quanto la maternità surrogata sia vietata in Italia, però, le Sezioni Unite ribadiscono più volte in sentenza che i bambini nati tramite questa pratica hanno il diritto fondamentale a veder riconosciuto giuridicamente il legame, oltreché con il genitore biologico, con il genitore di intenzione. Sul punto, si legge nella sentenza che «il nato non è mai un disvalore e la sua dignità di persona non può essere strumentalizzata allo scopo di conseguire esigenze general-preventive che lo trascendono. Il nato non ha colpa della violazione del divieto di surrogazione di maternità ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro. Non c’è spazio per piegare la tutela del bambino alla finalità dissuasiva di una pratica penalmente sanzionata. Il disvalore della pratica di procreazione seguita all’estero non può ripercuotersi sul destino del nato. Occorre separare la fattispecie illecita (il ricorso alla maternità surrogata) dagli effetti che possono derivarne sul rapporto di filiazione e in particolare su chi ne sia stato in qualche modo vittima».

Le Sezioni Unite hanno individuato nell’istituto dell’adozione in casi particolari la soluzione attraverso cui il rapporto di filiazione costituito all’estero tra il minore e il padre d’intenzione potrebbe ricevere continuità nel nostro ordinamento. Invero, l’istituto dell’adozione in casi particolari – spiegano le Sezioni Unite – presuppone un giudizio sul miglior interesse del bambino e un accertamento sulla idoneità dell’adottante mediante una verifica in concreto dell’attualità del disegno genitoriale e della costante cura in via di fatto del bambino, senza alcun pregiudizio in merito al fatto che la coppia sia etero o omosessuale (la giurisprudenza ha più volte respinto la tesi che l’omosessualità sia una condizione in sé ostativa all’assunzione e allo svolgimento dei compiti genitoriali).




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