Avvocato per tutela patrimonio e impresa familiare in caso di divorzio
Nella crisi della famiglia, la gestione dei rapporti patrimoniali può rappresentare un punto critico. Lo studio legale Dosi & Associati di Roma affianca i propri assistiti nella risoluzione di controversie legate alla tutela del patrimonio e al destino dell’impresa familiare in caso di divorzio. Per maggiori informazioni potete contattare lo studio per una consulenza utilizzando gli appositi recapiti.
Gli strumenti di tutela del patrimonio in caso di crisi coniugale
Il compito dell’avvocato chiamato a gestire pratiche di tutela del patrimonio è quello di chiarire al cliente i limiti dell’azione giudiziale di divorzio nell’ambito delle divisioni patrimoniali. Il giudice, infatti, si limita ad assegnare la casa coniugale e a prevedere un contributo mensile al mantenimento del coniuge, qualora ve ne siano i presupposti. Per il resto, in sede giudiziale non si entra nel merito dell’assetto patrimoniale della coppia, ovvero in questioni come la restituzione di un immobile, la messa in vendita della casa familiare ecc.
Il nostro ordinamento mette a disposizione alcuni istituti giuridici per la tutela del patrimonio dei coniugi e dei figli. Ad esempio, è, oramai, frequente il ricorso alla costituzione di un fondo patrimoniale, che vincola alcuni beni destinandoli esclusivamente al soddisfacimento delle necessità familiari oppure il ricorso al trust a tempo determinato, che consente di programmare la gestione dei beni e le modalità di utilizzo delle risorse finanziarie per formare un patrimonio separato rivolto a uno scopo stabilito.
Di seguito si analizza un caso in cui le divisioni patrimoniali conseguenti il divorzio potrebbero risultare più complesse della norma, ovvero l’ipotesi in cui i due coniugi collaborano in un’impresa familiare.
La natura giuridica dell’impresa familiare
Si considera impresa familiare l’attività in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado dell’imprenditore. L’istituto dell’impresa familiare è stato introdotto nell’ordinamento giuridico dalla legge di riforma del diritto di famiglia n. 151/1975 ed è disciplinato dall’art. 230 bis del Codice Civile.
L’impresa familiare trova la propria fonte in una situazione di fatto, diversamente da quanto avviene per le società che hanno origine dalla stipula di un contratto. La principale differenza sta nel fatto che i collaboratori dell’impresa familiare partecipano agli utili in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, laddove le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite sono proporzionali ai conferimenti.
I diritti dei collaboratori dell’impresa familiare
La legge chiarisce che l’impresa familiare è a tutti gli effetti un’impresa individuale, in quanto lo scopo non è modificare la posizione e il ruolo di titolare che spetta all’imprenditore, quanto riconoscere ai familiari collaboratori precisi diritti:
- diritto agli utili e agli incrementi. Il primo comma dell’articolo sopracitato afferma che «il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare […] partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato».
- diritto al mantenimento. Lo stesso comma precisa che il partecipante ha diritto al mantenimento, che si aggiunge alla partecipazione agli utili sebbene, diversamente da questi, venga rapportato alla condizione patrimoniale della famiglia e non alla quantità e qualità del lavoro prestato. Inoltre, il mantenimento non è cumulabile con quello che al medesimo soggetto possa competere ad altro titolo.
- diritto di partecipazione alle decisioni sull’impiego degli utili e degli incrementi, sulla gestione straordinaria, gli indirizzi produttivi e la cessazione del carattere familiare dell’impresa.
- diritto di prelazione in caso di trasferimento dell’azienda o divisione ereditaria.
Gli effetti di separazione o divorzio sull’impresa familiare
La dottrina e la giurisprudenza hanno prodotto nel tempo soluzioni contrastanti riguardo agli effetti dello scioglimento del matrimonio sull’impresa familiare. La dottrina maggioritaria sostiene che la separazione personale non provoca di per sé la cessazione del rapporto di impresa familiare, a meno che alla stessa non si accompagni l’interruzione dell’attività lavorativa. È vero che molte volte la separazione determina il recesso del coniuge separato, ma non si può escludere, in linea di principio, che il coniuge possa continuare a prestare il proprio lavoro nell’impresa familiare.
Tuttavia, altri orientamenti giurisprudenziali ritengono che la separazione o il divorzio intacchino inevitabilmente il progetto di comunione di vita e di lavoro alla base dell’impresa familiare. Dato questo presupposto, si ritiene che con il divorzio vengano meno i rapporti patrimoniali tra i coniugi e quindi l’impresa familiare, in quanto si ritiene applicabile l’art. 2272 n. 2 del Codice Civile, che prevede lo scioglimento della società per sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.
Divorzio e tutela del patrimonio: la liquidazione della quota
In molti casi è inevitabile che la separazione o il divorzio tra i coniugi provochino un deteriorarsi dei rapporti che rende impossibile la prosecuzione del rapporto di impresa familiare. Il coniuge che si sgancia dall’impresa familiare ha diritto alla tutela del patrimonio che lui stesso ha contribuito a costruire tramite la liquidazione della propria quota. Secondo il comma 4 dell’art. 230 bis c.c., il diritto di partecipazione all’impresa familiare «può essere liquidato in denaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro». La valutazione della quota di liquidazione si riferisce al momento in cui avviene l’interruzione del rapporto, mentre si considerano irrilevanti i fatti successivi che incidono sul patrimonio dell’azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità che vengono determinate, in mancanza di accordo, dal giudice.
Bisogna precisare che, in virtù del carattere individuale dell’impresa familiare, il diritto del coniuge cessante alla liquidazione della quota non grava sugli altri familiari partecipanti, ma vale come diritto di credito soltanto nei confronti del titolare dell’impresa. Pertanto, è solo il familiare-imprenditore il responsabile dell’adempimento delle obbligazioni.
Cosa rientra nella liquidazione della quota?
La quota ha per oggetto utili e incrementi individuati in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato, tenendo conto anche del valore dell’avviamento e degli eventuali beni acquisiti con gli utili. Nel diritto di partecipazione all’impresa familiare non rientra invece il diritto al mantenimento.
Impresa familiare e protezione legale del patrimonio: l’esperienza dello studio legale Dosi di Roma
Lo studio legale Dosi & Associati è specializzato in diritto di famiglia, settore nel quale opera da oltre trent’anni a Roma e su tutto il territorio nazionale tramite consulenza online. Possiamo fornirvi un’assistenza completa per affrontare un divorzio reso più complicato dalla presenza di un’impresa familiare, offrendo il supporto di un avvocato divorzista incaricato della tutela del vostro patrimonio. Contattateci utilizzando il form di contatto.
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